Cominciai a stare male alla fine dell’estate del 2004. Ogni volta che andavo in bagno erano forti dolori e svariate scariche che non passavano neanche con i classici farmaci per la dissenteria. Dopo una serie di esami a giugno del 2005 con la colonscopia mi venne diagnosticata la malattia di Crohn.
Nell’arco di nove mesi la malattia si riacutizzò ancora di più, finché a febbraio del 2006 arrivai a pesare circa 40 kg in meno rispetto al mio al mio peso di partenza. La mesalazina nel mio caso non ha funzionato, quindi ho cominciato una terapia a base di cortisone. A tutto ciò si aggiunsero anche varie fistole perianali trattate con setoni e successivamente anche chirurgicamente. Non mi ha però portato miglioramenti a lungo termine, perché puntualmente dopo pochi mesi si ripresentavano.
Alla fine del 2007 cominciai a scalare il cortisone in previsione poi di cominciare la terapia biologica. La terapia sembrò funzionare. Io stavo abbastanza bene e riuscii a fare una vita più o meno normale, tanto che a maggio 2008 mi sposai. Stupidamente, cominciando a pensare di volere una gravidanza, interruppi la terapia prima della fine del ciclo previsto. Alla fine del 2008 la malattia si riacutizzò e ricominciai a perdere peso. [su_pullquote align=”right”]Si tornò daccapo[/su_pullquote] Si ripresentarono le fistole, la febbre alta, le scariche continue e il mal di pancia perenne. Una gravidanza per me era impensabile perché il mio fisico era veramente molto debilitato.
Nel 2009 cominciai un altro farmaco biologico, ma la malattia era talmente in fase acuta che su di me non ebbe grossi effetti benefici. Nella primavera del 2010 si cominciò ad ipotizzare la possibilità di un intervento chirurgico con posizionamento di ileostomia provvisoria per mettere a riposo la parte di intestino malato e far sì che guarisca da solo. Venni operata a settembre 2010 e vengono anche trattate chirurgicamente le fistole. L’intervento dura più del previsto perché il mio intestino era un enorme ammasso di aderenze. Da quel momento però la mia vita cambiò. [su_pullquote align=”left”]Rinacqui[/su_pullquote] Mi sentivo finalmente bene, potevo mangiare quello che volevo e andare dove volevo senza dovermi accertare della presenza del bagno. Potevo uscire a cena e poi andare al cinema contemporaneamente, fare tutto quello che per le altre persone è una cosa normale. Insomma, ero libera di vivere la mia vita appieno e potevo finalmente programmare anche una gravidanza.
Iniziarono però altri problemi: la gravidanza non arrivava. A giugno del 2014 rimasi incinta ma lo persi a nove settimane. I medici dissero che la malattia non c’entrava nulla, che poteva succedere e quindi tornammo a provarci. Rimasi di nuovo incinta a luglio 2015 con una gravidanza gemellare. A quattordici settimane però ebbi la rottura delle membrane e dopo una settimana persi anche loro. Anche in questo caso la malattia non centrava niente perché era ormai in fase di remissione da tanti anni. Si scoprì infatti che la causa dell’aborto fu un batterio. Io e mio marito a questo punto decidemmo di intraprendere un’altra strada, quella dell’adozione. A febbraio 2017 cominciammo questo percorso. È stata sicuramente una delle esperienze più belle della mia vita che mi ha legato ancora di più a mio marito e se tornassi indietro la rifarei sicuramente.
Ad ottobre dello stesso anno, dopo una visita dalla ginecologa e degli esami, scoprì che quel batterio è ancora in utero, per cui feci una cura antibiotica di un paio di mesi. Inaspettatamente appena finita la cura a dicembre rimasi incinta per la terza volta. A cinque settimane di gravidanza ebbi delle perdite e in pronto soccorso scoprì che aspettavamo di nuovo due gemelli. Dopo una decina di giorni, alla prima ecografia per sentire il battito, scoprimmo che i gemelli non furono due, bensì tre. [su_pullquote align=”right”]Un embrione si era sdoppiato quindi aspettavamo due gemelli omozigoti e un gemello di-zigote[/su_pullquote] Fin da subito la preoccupazione è stata grande. Primo perché una gravidanza con ileostomia è già di per sé una cosa più complicata del normale. E secondo perché la gravidanza non era singola ma addirittura trigemina.
Ho avuto la grandissima fortuna di essere seguita da equipe di medici tutti molto competenti, che mi hanno seguita scrupolosamente collaborando tra loro ogni volta per far sì che questa gravidanza andasse a buon fine.
Oltre alla mia gastroenterologa e alle infermiere dell’ambulatorio stomizzati, sono stata seguita anche dall’ambulatorio gravidanze difficili del policlinico che mi visitavano una volta al mese. Ogni due settimane facevo ecografia di secondo livello con un’altra ginecologa molto brava. E per ultima, ma non meno importante, la mia ginecologa privata che ogni mese mi prescriveva esami specialistici per essere sicura che quel batterio non si ripresentasse.
La mia gravidanza è stata piuttosto normale per i primi sei mesi, con semplicemente le complicanze dovute ad avere una grande pancia. Non riuscivo a stare sdraiata né da un lato né dall’altro. Loro avevano poco posto per muoversi, ma comunque lo facevano tanto lo stesso, per cui per me a volte era difficile anche respirare bene. Dolori alla schiena, dolore alle costole, insomma come una gravidanza normale. Non potevo però stare molto in piedi, né camminare molto perché il peso rischiava di accorciare il collo dell’utero, per cui ero costretta a stare molto a riposo. A circa sei mesi e mezzo ho cominciato molto rapidamente a prendere peso senza però mangiare quasi nulla. Mi si erano gonfiate dapprima le caviglie, poi i piedi, le gambe, ed infine un po’ tutto il corpo con un fortissimo ristagno di liquidi. Non urinavo quasi più e i miei esami del sangue non erano più tanto belli.
A 32 settimane durante l’ultima visita di controllo hanno deciso di ricoverarmi per ulteriori accertamenti, perché io non stavo più bene. E a 32+5 con una settimana di anticipo su ciò che era stato programmato, sono nati i tre amori della mia vita. Gabriel 1 kg 860, Samuel 1 kg 670 e Nicholas 1 kg 330.
Oggi hanno 20 mesi, sono sani come pesciolini e crescono a vista d’occhio. [su_pullquote align=”left”]La mia vita si è stravolta in un modo che mai avrei potuto immaginare[/su_pullquote] Ora i miei progetti futuri sono di farli crescere ancora un pochino in modo che siano abbastanza grandi da non aver bisogno del mio costante aiuto, e poi tentare la via dell’eliminazione della stomia con la ricanalizzazione dell’intestino.
Molte persone durante questi quindici anni di malattia mi hanno chiesto come facevo nonostante tutto a sorridere ed essere sempre positiva. La mia risposta è sempre stata una: questa malattia non può e non deve vincere. Il segreto per non farla vincere probabilmente è stato quello di non isolarmi dagli amici e dagli affetti, chiedere aiuto nel momento del bisogno, parlare sempre senza paura della malattia, essere sincera con gli altri su quelle che erano le mie esigenze e soprattutto di non vergognarmi di ciò che mi era capitato.
Ilenia, malattia di Crohn, mamma resiliente di Samuel, Gabriel e Nicholas